di Gorazd Skrt, fondatore di Lovely Trips, fornitore sloveno di soluzioni di viaggio
Le montagne sono da sempre uno scenario privilegiato per storie mitiche e leggende. Molte di queste sono antichissime, e sono arrivate sino a noi attraverso i secoli, tramandate da innumerevoli generazioni che si sono susseguite una dopo l’altra.
Basti pensare al mitico regno di Fanes, che secondo la leggenda sarebbe esistito fra le Dolomiti, molto tempo fa. Al racconto māori sul famoso monte Taranaki. Ai nani e ai giganti che, secondo i Vichinghi, popolavano le montagne. O al Tacoma, come lo chiamavano i nativi americani, in cima al quale si trovava un lago di fuoco, dimora di uno spirito maligno.
Le Alpi Giulie, in Slovenia, non sono da meno. Anche queste cime sono protagoniste di varie, famose leggende, ambientate lungo i loro pendii scoscesi ma anche ai loro piedi, nel fondovalle. La più famosa è senz’altro quella dello Zlatorog, un mitico camoscio dalle corna d’oro che, tanto tempo fa, viveva nella Valle dei laghi del Triglav con delle fate buone, note come Dame bianche.
Per quanto preziose, le corna dorate dello Zlatorog erano la chiave per arrivare a un tesoro ancora più grande, immenso in realtà, celato da qualche parte sul monte Bogatin. La leggenda vuole che un giovane cacciatore, capace ma povero, istigato da cattivi consigli, abbia inseguito lo Zlatorog per appropriarsi del tesoro e potersi sposare con la ragazza che amava: la figlia di una locandiera, già promessa a un ricco mercante veneziano.
Ma grazie ai suoi poteri magici, lo Zlatorog era invincibile, e riuscì a sfuggire ai colpi del giovane cacciatore. Al contrario questi, abbagliato dal riflesso del sole sulle corna dorate del camoscio, cadde in un profondo crepaccio perdendo la vita. Una leggenda dai molti significati, fra cui forse che non sempre il fine giustifica i mezzi.
E così antica da essere collegata a un’altra storia che riecheggia tra le alte cime delle Alpi Giulie. Quella del volto della fanciulla pagana. Secondo questa leggenda, molto tempo fa una ragazza nota per i suoi poteri divinatori profetizzò al figlio di un cacciatore che avrebbe sparato allo Zlatorog. La sola idea che qualcuno potesse nuocere al mitico camoscio era a tal punto scellerata, che la profezia fece infuriare delle altre indovine, le quali trasformarono la giovane profetessa in una roccia.
Il suo volto è ancora oggi impresso nella facciata nord del monte Prisank, e lo si può vedere lungo il tragitto per raggiungere il passo Vršič (noto in italiano come passo della Moistrocca), a 1.611 metri d’altezza. In particolare lo si può distinguere dal rifugio Poštarski dom, ma anche dal rifugio Erjavec.
Infine c’è la leggenda che aleggia intorno al Ponte del Diavolo di Stara Fužina, un paesino nei dintorni del lago di Bohinj. Costruito nella seconda metà del XVIII secolo, questo ponte sul fiume Mostnica fu un’opera complessa da realizzare. Fu infatti costruito in un unico arco di pietra squadrata, e posto su una gola piuttosto profonda.
Secondo la leggenda, il mattino dopo aver eretto il ponte, gli abitanti di Bohinj lo trovarono raso al suolo. Dopo molte discussioni, decisero che un simile compito poteva essere affidato solo al Diavolo in persona. Questi accettò la richiesta, ma annunciò che in cambio avrebbe preso l’anima del primo che avesse attraversato il ponte.
Quando il ponte fu costruito, gli abitanti cercarono di ingannare il Diavolo: un contadino lanciò un osso dall’altra parte, facendo sì che il proprio cane corresse a prenderlo, e così al Diavolo fu affibiata l’anima di un cane. Furioso per essere stato preso in giro, questi distrusse il parapetto con un colpo di coda: ma il ponte resistette, e infatti è tutt’oggi al suo posto.
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